Trieste - la Scala dei Giganti, la Galleria Sandrinelli e Via Silvio Pellico

La Scala dei Giganti in stile neoclassico, posta tra Piazza Goldoni e Via del Monte, eretta tra il 1905 e il 1907, sale al colle di Montuzza ed è opera degli architetti Ruggero e Arduino Berlam.

La Galleria Sandrinelli: costruita nel 1905-1907 su progetto dell'ing. Edoardo Grulis. Comunica con la Galleria di via Pondares e con la Galleria di via del Teatro

Nel 1906 la via della Fornace viene intitolata a Silvio Pellico, durante la prima guerra mondiale (1915) prende la denominazione di via San Primo (presunto vescovo cristiano triestino del II secolo) Romano, oggi chiuse al pubblico, mentre è aperta al traffico tra la Via Pellico e la Piazza del Sansovino. Durante la Seconda Guerra Mondiale la galleria fu utilizzata negli anni 1943-1945 come rifugio antiaereo.
La Scala dei Giganti, situata tra piazza Goldoni e via del Monte, è un'imponente e ripida scalinata che permette di collegare il cuore pulsante della città con le sue vie di comunicazione, i negozi e i locali del centro, al colle di San Giusto, con il suo complesso archeologico. Fu costruita nel 1907 grazie ad un progetto dei Berlam, una nota famiglia di architetti triestini. In stile neoclassico, la Scala dei Giganti svetta alta e bianca con una struttura a doppia rampa, ed è inoltre impreziosita da nicchie e statue, fontane e piccoli belvederi che permettono di abbracciare con lo sguardo la città giuliana. (Giulia Bortoluzzi)

Origine del nome della Scala dei Giganti: Nel 1833 venne aperta una strada che collegava piazza della Legna (dal 1902 p.zza Goldoni) con il Monte della Fornace o Fornasa (denominazione che dalla seconda metà dell'800 verrà sostituita con Montuzza), si trattava di un ripido sentiero intramezzato da roccia, molto lungo e stretto, che passando fra le case attraversava il colle e costeggiava il castello arrivando fino a via Risorta. La strada era denominata via della Fornace, antico toponimo suggerito dalla presenza nel XVI e XVII secolo di una fornace per la preparazione della calce. Per superare la forte pendenza del primo tratto nel 1838 venne costruita una scala con rampe incrociate e una robusta ringhiera di ferro, che per la notevole altezza del singolo gradino fu chiamata "Scala dei Giganti". Per poter raggiungere il colle con facilità arrivò la proposta di realizzare una ferrovia funicolare, nel 1888 il progetto fu approvato dal Consiglio della Città, ma l'iniziativa non ebbe seguito. Nel 1901 concepirono l'dea di una galleria che, insieme alla nuova linea tranviaria che l'avrebbe attraversata, collegasse piazza Goldoni con la zona di San Giacomo; demolite le vecchie case per allargare la strada, i lavori iniziarono nel 1904 e furono conclusi l'anno successivo. Tra il 1905 e il 1907 per opera degli arch. Ruggero e Arduino Berlam venne costruita la monumentale scala dei Giganti, che sostituì la precedente, ma ne conservò il nome. Nel 1906 la via della Fornace viene intitolata a Silvio Pellico, durante la prima guerra mondiale (1915) prenderà il nome di via San Primo (presunto vescovo cristiano triestino del II secolo).
(Fonte: Margherita Tauceri)

Via Silvio Pellico

Il Palazzo del Civico Monte di Pietà venne eretto tra l’ottobre 1902 e l’agosto 1905, su disegno dell’ingegnere Giorgio Polli e la sua costruzione comportò la demolizione della precedente “Casa del Monte Verde”. Il primo Monte di Pietà di Trieste fu fondato nel 1641 e ospitato, fino al 1846, nella sagrestia della Chiesa della Beata Vergine del Rosario, per essere poi trasferito nell’ex ospedale comunale sul colle di San Giusto in una posizione poco accessibile, per cui il Comune decise di trasferire l’istituto nell’attuale via Silvio Pellico, un tempo denominata Borgo della Fornace. cpu-crt06aIl 20 luglio 1900 venne quindi deliberato l’acquisto della casa e del giardino detti del “Monte Verde”, di proprietà della famiglia Marenzi, allora trattoria e luogo di riunioni politiche, venne demolita e l’ottobre 1902 cominciò la costruzione dell’attuale palazzo, dopo le visite dell’Arch. Polli ad edifici con la stessa funzione a Vienna, Graz e Lubiana. La gestione del Monte di Pietà fu tenuta fino al 1929 dal Comune di Trieste per poi passare successivamente alla Cassa di Risparmio di Trieste..

Il palazzo ha 1200 mq ed è composto da cinque piani, il pianoterra, elevato, ospita la sala per gli incanti e gli uffici con la copertura del vestibolo in ferro e vetro, mentre nel salone centrale, decorato con motivi artistici, è presente la scultura raffigurante la Pietà di Giovanni Mayer del 1904. Al primo piano trovano posto invece la direzione e i depositi per i pegni preziosi.
La facciata è contraddistinta da elementi classicheggianti e da componenti di origine nordica mentre le due parti laterali del prospetto sono caratterizzate da una cornice che divide il primo piano dalla parte superiore decorata con triglifi e tondi e finestre timpanate al secondo piano. La parte centrale della facciata presenta ampie finestre fra lesene di ordine ionico, mentre alcune finestre del primo e dell’ultimo piano sono tripartite da colonnine in pietra. via-silvio-pellico-3A coronamento della facciata è collocata un’ iscrizione scolpita nella pietra “Civico Monte di Pietà”, mentre sotto il bordo del tetto corre una cornice a dentelli. Il tetto infine culmina con delle terrazze con parapetto in pietra nelle parti laterali della facciata e una cornice con decorazioni geometriche in pietra nella parte centrale.(da: https://danieledemarco.com/) - Sopra a sinistra è visibile la Galleria Sandrinelli del 1907 e la Scala dei Giganti del 1905, opera degli Architetti Ruggero e Arduino Berlam.
A destra:
La sede storica del quotidiano triestino Il Piccolo in Via Silvio Pellico che fu incendiata il 23 maggio del 1915 da filo-austriaci in occasione dell'entrata nella Grande Guerra dell'Italia. Nel 1987 la sede del giornale fu trasferita in via Reni.

Il giornale, fondato da Teodoro Mayer, pubblicò il suo primo numero il 29 dicembre 1881.
A Trieste nel corso del XIX secolo erano stati fondati diversi giornali, quasi tutti legati a movimenti politici, e Mayer decise di fondare un quotidiano semplice ed economico, che potesse diventare rapidamente il punto di riferimento della popolazione di lingua italiana.



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